I BAMBINI DEL '44
ANNA ROSA NANNETTI
DOWNLOAD BAMBINI DEL 44
- Può essere richiesto anche via email all'indirizzo della Associazione info@eccidiomarzabotto.com
Premio Nazionale ANPI "Renato B. Fabrizi" 2010 - Salone degli Stemmi di Castelfidardo - Provincia di Ancona
Presentazione di Don Athos Righi - Prefazione Avv.Andrea Speranzoni
Questo volume può essere richiesto all'Associazione Familiari delle Vittime degli eccidi nazifascisti dei Comuni di Marzabotto, Grizzana , Monzuno e territori limitrofi.
SABATO 4 OTTOBRE 2008 - ore
17.00 - Marzabotto sala Consiliare
Presentazione del Libro " I
Bambini del 44' curato da Anna Rosa Nannetti e coordinato dalla Associazione
Familiari Vittime degli eccidi Nazi Fascisti.
Alla presentazione sarà
presente la Prof. Patrizia Dogliani
Presentazione del Libro - sabato 4 ottobre 2008 - Marzabotto
Sono i bambini che hanno sperimentato lo stupore della vita nel grembo delle mamme e con loro hanno vissuto lo stesso martirio.
Sono
i bambini che si sono nutriti dell’amore delle loro famiglie e del
profumo della nostra terra, soltanto per pochi giorni, per pochi mesi.
Sono
i bambini che, appena adolescenti, sono morti guardando negli occhi i
loro carnefici e , impotenti, hanno subito umiliazioni e violenze.
Sono i bambini sopravvissuti ai bombardamenti, agli eccidi e alle deportazioni dei loro familiari.
Sono
i bambini che, insieme ai familiari superstiti, sono fuggiti dai loro
casolari, borghi e paesi, dopo che le loro case erano state depredate,
la stalle svuotate e i campi minati.
Sono i bambini
che hanno sopportato la fame, il freddo, le malattie, i lunghi percorsi a
piedi, attraversando fiumi , boschi, montagne, con la speranza di
essere accolti nei Centri Profughi,nelle stalle , nei fienili , in
qualche casa o in qualche Chiesa.
Sono i bambini che, alla fine della guerra, in attesa della ricostruzione delle loro case
e
di un lavoro retribuito per i propri familiari , sono stati
affidati a parenti, amici e a persone estranee, vivendo la
dolorosa esperienza del distacco dalla propria famiglia
Sono
i bambini sopravvissuti al trionfo del Male, perché sono stati
accolti e amati da tante persone, con assoluta gratuità.
Sono i bambini che sono stati capaci di sperare in un mondo migliore e di lottare, quotidianamente, per la sua realizzazione.
DEDICATO ai BAMBINI DEL ’44, che non sono sopravvissuti
Testimonianza di Bruno Zebri
Quando
rivolgo un pensiero a mio padre Pietro, mancato da pochi mesi, mi
ritorna alla mente il suo dolore, un rimorso che lo ha accompagnato
fino alla morte.
Un pomeriggio a Colulla di Sopra, Pietro e suo
padre, appena videro arrivare le SS, cercarono di fuggire nel bosco. In
quello stesso istante sua sorella Bruna di 19 anni, incinta , dalla
finestra della camera gli chiese di andare con loro. Pietro le rispose
di no, perché era incinta e poi perché i tedeschi cercavano i giovani
da mandare in Germania.
Arrivarono le SS e dissero a tutti di
prepararsi per un lungo viaggio. Ogni persona si mise il vestito
migliore che aveva, il vestito della festa e si radunarono nell’aia di
casa.
Furono tutti trucidati: giovani, vecchi e bambini e la
Bruna fu uccisa due volte, perché dal ventre le strapparono la sua
creatura per infilzarla con le baionette.
Questo è il rimorso che
mio padre non è riuscito mai a cancellare dalla mente : quel no alla
sorella Bruna , quel no alla sua nipotina.
Testimonianza di Antonietta Sassi
A
Prunaro di Sotto viveva la famiglia Sassi. Con i genitori e due
fratelli vivevano due sorelle adulte Adele e Graziella, che aveva due
bambine piccole, Gianna di cinque anni e Annarosa di tre anni. Mi ha
raccontato la zia Adele che il giorno in cui entrarono in casa le SS e
massacrarono tutta la famiglia lei riuscì a salvarsi, perché la sua
mamma le cadde addosso. Gianna e Annarosa urlavano disperate e furono
immediatamente uccise. La mamma Graziella, incinta di otto mesi , si
nascose nel rifugio costruito non lontano dalla casa. Fu raggiunta
dalle SS, uccisa e sventrata.
Testimonianza di Maria Tiviroli
Nelle
giornate del 29 e 30 settembre eravamo nel rifugio, sopra alla nostra
casa a Steccola. Sono arrivate le SS e ci hanno detto di andare verso
Prunaro di Sopra, dove c’erano già le mitragliatrici a tre piedi. Ci
hanno detto di camminare in fila lungo la cavedagna e poi ci hanno
falciati lì. Eravamo in 16 o 17 tutte donne e bambini, unico uomo il
nonno di 82 anni che fu subito buttato in un pagliaio in fiamme. Una
bambina di 40 giorni sfollata da Bologna, fu portata via alla madre
dalle SS, buttata in alto e sparata come fosse un
barattolo. Prima di fuggire nel bosco ho cercato mia sorella Gina di 12
anni e mio cugino Giuseppe di 11 anni. Gina era nel fosso, coperta
d’acqua, ho visto solo i capelli, mentre Giuseppe, morto, era a sedere
per terra con le mani in tasca. Aveva il vestito della Cresima con la
piccola croce sul taschino.
Testimonianza di Fernando Piretti
IL 29 settembre 1944 Avevo 9 anni. Ero rifugiato dalle suore Orsoline nell'Oratorio della Chiesina di Cerpiano, insieme ai miei compagni di scuola e a 25 donne. Quando arrivarono le SS le maestre chiesero di lasciarci andare, ma quelli ci spinsero tutti dentro all'Oratorio e dissero:- Tra cinque minuti, tutti Kaputt. Le SS posizionarono la mitragliatrice all'ingresso, sfasciarono degli involucri(forse bombe a mano) e iniziarono a sparare e a lanciare bombe. Mi ricordo che sono svenuto e mi sono svegliato il giorno dopo. Volevo scappare, ma ho visto la mia amica Paola Rossi , di cinque anni , ancora viva. Aveva una ferita a un occhio e le gambe imprigionate sotto pezzi di cadaveri ( tutti quelli che erano vicini alla porta erano tutti tagliati a metà). Non sono riuscito a liberarla. Un uomo che era nel rifugio, venne a cercare la sua mamma e ci aiutò a liberare Paola. La signorina Benni era ferita a una gamba e io a una spalla. Morirono 25 donne, tra cui mia madre e 18 bambini, tra cui mia sorella Teresa, di 13 anni e gli altri di età compresi tra i due e quindici anni. Voglio ricordare i miei compagni di scuola: Anna Gherardi, la più piccola, della famiglia Pirini: Damiano, Giorgio, Giuseppina, Marta, Martino, Olimpia e Rosanna ; della famiglia Oleandri: Domenico, Franco, Giuseppe e Sirio; della famiglia Fabris Alfredo e Giovanni; della famiglia Valdisserra Antonietta e Mario, infine Rossi Giuseppe.
Alcuni BAMBINI del ’44, sopravvissuti, ci hanno regalato delle preziose e sofferte testimonianze.
Le
testimonianze sono di: Acacci Benito, Amadesi Dora, Angiolini Carlo,
Baccolini Ida, Baccolini Tullio, Cucchi Lorenzo, Elmi Chiara,
Fornasini Caterina, Gabusi Leo,Lippi Anna, Marzari Marino, Monari
Lucia,Monti Giovanna, Nannetti Anna Rosa, Piretti Fernando, Possenti
Umberto, Rosmini Vittorio, Rosti Edmonda, Sassi Antonietta, Spinnato Carmen, Stanzani
Giuliana, Tiviroli Maria, Vignudelli Gianna.
In attesa di definire tutto il lavoro (stiamo contattando altre persone) riportiamo alcuni scritti integrali.
EDMONDA ROSTI, 19 mesi
Tutto
è iniziato il 29 settembre con il rastrellamento di mio padre e
di mio zio. Mio zio Augusto Rosti fu ucciso alla “Botte” di Pioppe il
1° Ottobre, mentre mio padre riuscì a sfuggire alle SS e a unirsi agli
uomini che stavano trasportando il bestiame verso Bologna. Arrivato a
Bologna fu ospitato da amici. Poi morì mia madre, falciata da una mina
e così io e mia sorella Luana di 3 anni, rimaste sole, fummo accolte in
casa dalla zia Giulietta, rimasta vedova da poco (le SS avevano ucciso
suo marito) e dalla nonna Teresa. Anziché andare a San Pietro dove
c’era il rifugio, la nonna e la zia decisero di sistemarsi in una casa
di contadini al “Casetto”. Alle persone che si preoccupavano di
lasciare sole le due donne e le due bambine, Giulietta disse: «Non vi
preoccupate, finché il camino fuma, vuol dire che non c’è successo
niente». Quando due amici della famiglia ,Giovanni Vannini e Castori
Fernando, videro che da due giorni il camino non fumava più si
avvicinarono alla casa ed entrati in camera da letto trovarono
Giulietta e Teresa uccise nel loro letto, la nonna aveva ancora la
corona in mano. Non mi ricordo se noi bambine siamo scappate sotto il
letto o ci ha messo la zia quando si è accorta che stava arrivando la
pattuglia delle SS, comunque, in quel nascondiglio ci siamo salvate,
rimanendo lì un giorno e due notti. Quando ci trovarono eravamo
imbrattate dal sangue della zia e della nonna, filtrato dai materassi.
Fummo portate a Serra di Sotto, e tutti ricordano che mi buttai
su un piatto di polenta, perché ero affamata
Poi mi raggiunse mio
padre. Fu un’impresa faticosa, perché il ponte di Pioppe era saltato e
il fiume era in piena: non si poteva raggiungere l’altra sponda. Mio
padre fu aiutato dai pompieri di Bologna sotto la direzione di un
ufficiale tedesco. Grazie alla presenza di questo ufficale le SS non
spararono. Io non riconobbi mio padre e piansi, urlando, da
Pioppe a Bologna; mia sorella Luana che, nascosta sotto il letto la
notte dell’eccidio, vide perfettamente gli stivali delle SS. Quando fu
portata da mio padre a Bologna per la manifestazione della Liberazione,
appena vide una pattuglia di soldati che avevano gli stivali, scappò
via, terrorizzata. Mio padre, rimasto solo, senza casa e senza lavoro,
ci mise in collegio a Imola, dove c’era mia zia Suor Agata Rosti, che
ci accolse con amore.
Poi tornammo a casa. Mio padre
si risposò con Nella Simoncini che è stata per noi una buona
mamma , ma poco dopo si ammalò e fu ricoverato in Sanatorio. La mamma
Nella doveva assistere mio padre e noi bambine andammo ospiti dalle zie
Clara e Cesarina a Genova. Purtroppo le zie dovevano lavorare e
ci misero in collegio, anche se non ci fecero mai mancare la loro
presenza e il loro affetto. Un giorno tornammo definitivamente a casa.
Tutti insieme con la nostra nuova famiglia, con tutte le amiche
ritrovate, con l’aiuto delle loro mamme e di tante persone buone del
mio paese ,Luana ed io siamo ritornate a una vita normale.
GIOVANNA MONTI, 4 anni
Io abitavo a Sibano. La mattina del 29 settembre 1944, vennero le SS, coi mitra puntati e presero mio padre Fernando, lo portarono a Pioppe alla Scuderia, dove fu tenuto prigioniero per tre giorni e poi fucilato alla “Botte” il 1° ottobre ’44. Mio padre aveva 37 anni, ma fu considerato inabile, perché in quel periodo era in convalescenza per malattia, essendo stato richiamato alle armi. Durante la prigionia mia mamma riuscì a vedere e a parlare tre volte con mio padre, che si raccomandò soltanto di avere cura di me e di farmi studiare. Mio padre era piegato in due, il capo quasi toccava per terra, fu una visione orribile.
Fu una scelta dolorosa per mia madre, ma volle mantenere la promessa fatta, così andai in collegio: ho un ricordo bello di quei quattro anni. La mancanza di mio padre ha segnato per sempre la mia vita, ho desiderato immensamente le sue carezze.
Conservo come un dono ciò che fu ritrovato dalla mamma nello scivolo della “Botte” due giorni dopo l’eccidio, nella borsa di paglia c’erano la mantella, il gilet ed il cappello. La guerra aveva distrutto tutto, l’unico aiuto ci fu dato dalla Croce Rossa Svizzera, che ci permise di avere l’indispensabile per la casa. La nostra generazione ha avuto un’infanzia ed un’adolescenza piena di niente, ma noi ragazzi di Sibano siamo riusciti a crescere e vivere in fraternità e serenamente.
Mi trovavo sfollato in una casa della parrocchia di Malfolle, perché erano iniziati i bombardamenti nel paese di Pioppe, vicino a dove noi risiedevamo. La mattina del 23 luglio del ‘44 siamo stati svegliati, insieme ad altre famiglie di sfollati, dalle SS che con urla e percosse ci hanno radunati nell’aia, separando uomini donne e bambini. Mio padre, insieme a un contadino, si era nascosto nel bosco, distante 10 metri da noi. Mia madre chiese ai soldati di andare a prendere mia sorella di un anno e mezzo che era rimasta nel suo letto. Le fu concesso, ma, quando mia madre tornò nell’aia, mia sorella si mise a piangere. Mio padre sentendo piangere sua figlia piccola uscì dal nascondiglio, fu preso e insieme lasciammo la nostra casa “Blegnà” per raggiungere il Faggiolo dove c’erano già altre persone rastrellate nelle case attorno. Fummo radunati sotto il portico della stalla, le SS ci tenevano le armi puntate: lunghi minuti riempiti dalle urla di questi soldati. Noi stretti l’uno all’altro attendevamo di sapere qual era la nostra sorte. Io ero vicino a mio padre che mi infilò nella maglietta dei buoni del tesoro che era riuscito a prendere prima di scappare nel bosco e poi mi disse cose che riguardavano la nostra famiglia. Ci separarono: le donne i bambini da una parte e gli uomini da un’altra. Un soldato ci portò con le armi spianate lungo un sentiero fino alla strada statale, arrivati in fondo a questo sentiero sentimmo dei colpi, delle esplosioni. Ci fu tanta disperazione, perché tutto era ormai compiuto. Con un camion militare ci avviarono a Bologna. Siamo arrivati in città, ci hanno ospitati in un ambiente, e sembra che padre Cattoi, che era con noi, sia intervenuto, chiedendo ai tedeschi di non mandarci in Germania, come era già stato deciso. Da Bologna, a piedi, arrivammo a Pontecchio e fummo accolti da una famiglia di contadini; intanto da Pioppe arrivò una camion della ditta del Canapificio, perché quasi tutti erano dipendenti, per riportarci a casa. Accolti affettuosamente dai parenti, imparai piano piano tutto quello che era successo. Le cose peggioravano e ci siamo tutti trasferiti nelle Chiese vicine. Io ero a Malfolle, eravamo in un centinaio tra chiesa, stalla e solai. Da lassù vedevamo tutti i bombardamenti e le case bruciate da Pioppe a San Martino. C’erano rimaste solo le donne per poter cercare del cibo e ci siamo nutriti grazie a loro.
Arrivarono i tedeschi e ci costrinsero a partire verso il Nord. Siamo arrivati a piedi a Zappolino, verso Bazzano, siamo stati in una stalla molto tempo e poi accolti da una famiglia .Tutti i giorni con mia mamma e mia zia andavamo all’elemosina (inverno ‘44). Un giorno i tedeschi ci costrinsero a partire, perché c’erano continue azioni di guerra: mi ricordo che un giovanissimo soldato tedesco mi aiutò. Io e mio nonno camminavamo adagio, perchè il nonno aveva una malattia alle gambe e questo soldato mi buttò nel fosso per salvarci dalle cannonate. Poi ci siamo riparati in un rifugio per diversi giorni, senza mangiare e senza bere, avevamo solo delle castagne secche. Un giorno ci fu un grande silenzio, uscimmo dal rifugio e da un poggetto , sulla strada vedemmo passare dei carri armati con la stella: erano gli americani. Le donne per salutarli stesero dei lenzuoli bianchi e ci fu subito una risposta di cannonate e poi tutto finì: ci fu la Liberazione. Quando tornammo a casa non c’era più niente, né per mangiare né per poter riprendere a vivere. All’inizio abbiamo mangiato quello che era rimasto dai campi dei soldati americani, brasiliani, poi ci furono aiuti da parte della Croce Rossa Svizzera. Gli adulti riuscivano a difendersi, ma i bambini avevano bisogno di tutto anche della scuola. Per questo motivo mia mamma accettò l’invito del Comune di Marzabotto di mandare me e mia sorella ospiti di altre famiglie. A Bologna, non ricordo dove, arrivarono le persone per prenderci in affido e i nostri nomi erano già stati decisi dai dirigenti di questa iniziativa. Il distacco da mia madre fu per me il momento più difficile da superare. Andai fuori porta Lame in via del Rosario da una famiglia di contadini che aveva già tre figli. Per due giorni non ho parlato e loro ,con molta delicatezza, non mi hanno mai chiesto niente. Ora posso dire che è stata una bellissima esperienza, perché ci siamo voluti bene. Sono stato sei mesi a scuola, che raggiungevo con la bicicletta regalatami da questa buona famiglia che mi aveva anche comprato i libri. Ogni giorno, dopo aver fatto i compiti collaboravo, come facevano gli altri figli, nell’azienda familiare. Facevo tutto, nella stalla e nei campi. Intanto mia sorella Lele era stata accolta da una famiglia di fornai in via di Corticella e quando andai con la mamma a trovarla la trovai ingrassata, perché dai fornai mangiava quello che voleva, ma soprattutto era contenta. Quando i miei coetanei andarono a lavorare da muratori, mio nonno decise di farmi studiare, perché ero molto debole e gracile. Feci le scuole medie privatamente dai Padri della parrocchia di Pioppe, poi vinsi una borsa di studio al collegio Irnerio di Bologna e mi laureai in medicina. Tutte le estati tornavo nella mia seconda famiglia anche per due mesi , ci siamo visti con minore frequenza, soltanto quando sono aumentati i miei impegni di studio e di lavoro. Non ci siamo mai lasciati e ancora oggi ci vediamo spesso.
LEO GABUSI, 14 anni
Il
29 settembre io ero rifugiato nella Chiesa di Salvaro, insieme alle
suore, a Don Elia Comini, a padre Martino Capelli e circa altre trenta
persone. Era il giorno di S.Michele e i preti dissero una messa per
quattro ore per tenere ferma la gente.
Il giorno del
rastrellamento e dell’uccisione di tante persone alla Creda arrivarono
“Panzetta” e “Casturein”, che si erano salvati ed erano riusciti a
scappare attraverso il bosco. Tutti impauriti dissero agli uomini:
«Scappate! Scappate!». Le suore fecero nascondere una parte degli
uomini in una delle due Sacrestie, chiusero la porta e gli misero
contro un armadio, un’altra parte degli uomini andò dentro a una
cantina, chiusa da una botola. Coprirono la botola con un sacco di tela
iuta e mi misero a sedere sopra con un macinino per macinare il grano.
Quando le SS, tornando indietro dalla Creda, entrarono in Chiesa,
fecero un giro e, non avendo trovato degli uomini,uscirono. Per tutto
il tempo in cui le SS erano in Chiesa io continuai a macinare il grano.
Intanto Don Elia e padre Martino, accorsi alla Creda per dare aiuto
alla gente, furono rastrellati, tenuti prigionieri alla “Scuderia” di
Pioppe e poi uccisi alla “Botte” il 1° Ottobre. Io rimasi lì ancora per
alcuni giorni, c’era rimasta in zona l’ultima pattuglia tedesca e tutte
le notti si sentivano ”dei zibaldoni” tra tedeschi e alleati; e poi con
la mia famiglia decidemmo di passare “il fronte”. Partimmo una sera,
circa un mese dopo gli eccidi della Creda e della Botte per raggiungere
la cima del Monte Salvaro: da lì gli Alleati ci portarono a Grizzana,
poi a Firenze. Andammo al Centro Profughi di via della Scala. Io, che
avevo preso il tifo, quando ancora ero a Pioppe, mi salvai
dall’epidemia di difterite scoppiata nel Centro e per la quale morirono
molte persone, come la famiglia Chiari di Pioppe. Al Centro ho dormito
per due giorni per terra su un giornale, poi mi hanno dato una coperta.
Dormivamo in grandi camerate di 30 o 40 persone, insieme alle nostre
famiglie. Tutti i giorni ci mettevamo in fila per avere una zuppa e un
panino. Avevo fame e il giorno della Befana mi misi in fila otto
o dieci volte per avere quel sacchetto con la cioccolata e altre cose
da mangiare. Mio padre e mio fratello andarono a scaricare i camion dei
rifornimenti con gli americani mentre io lucidavo le scarpe agli
americani, facevo “il sciuscià”in Stazione a Firenze. Qualche aiuto
l’ho avuto dagli americani e da nessun altro. Quando sono ritornato,
dopo la Liberazione, ho lavorato subito da muratore.
Testamento, di Kriton Athanasulis
(Poeta Greco morto nel 1979)
“Testamento di un padre a un figlio sulla necessità di conservare la memoria del passato”
Non voglio che tu sia lo zimbello del mondo.
Ti lascio il sole che lasciò mio padre a me.
Le stelle brilleranno uguali ed uguali ti indurranno
le notti a dolce sonno.
Il mare t’empirà di sogni. Ti lascio
il mio sorriso amareggiato: fanne scialo
ma non tradirmi. Il mondo è povero
oggi. S’è tanto insanguinato questo mondo
ed è rimasto povero. Diventa ricco
tu guadagnando l’amore del mondo.
Ti lascio la mia lotta incompiuta
e l’arma con la canna arroventata.
Non l’appendere al muro. Il mondo ne ha bisogno.
Ti lascio il mio cordoglio. Tanta pena
vinta nelle battaglie del tempo.
E ricorda. Quest’ordine ti lascio.
Ricordare vuol dire non morire.
Non dire mai che sono stato indegno, che
disperazione mi ha portato avanti e son rimasto
indietro, al di qua della trincea.
Ho gridato, gridato mille e mille volte no,
ma soffiava un gran vento e piogge e grandine
hanno sepolto la mia voce. Ti lascio
la mia storia vergata con la mano
d’una qualche speranza. A te finirla.
Ti lascio i simulacri degli eroi
con le mani mozzate,
ragazzi che non fecero a tempo
ad assumere austere forme d’uomo,
madri vestite di bruno, fanciulle violentate.
Ti lascio la memoria di Belsen e Auschwitz.
Fa presto a farti grande. Nutri bene
il tuo gracile cuore con la carne
della pace del mondo, ragazzo, ragazzo.
Impara che milioni di fratelli innocenti
svanirono d’un tratto nelle nevi gelate
in una tomba comune e spregiata.
Si chiamano nemici; già. I nemici dell’odio.
Ti lascio l’indirizzo della tomba
perché tu vada a leggere l’epigrafe.
Ti lascio accampamenti
d’una città con tanti prigionieri,
dicono sempre si, ma dentro loro mugghia
l’imprigionato no dell’uomo libero.
Anch’io sono di quelli che dicono di fuori
Il sì della necessità, ma nutro, dentro, il no.
Così è stato il mio tempo. Gira l’occhio
dolce al nostro crepuscolo amaro,
il pane è fatto di pietra, l’acqua di fango,
la verità un uccello che non canta.
E’ questo che ti lascio. Io conquistai il coraggio
d’essere fiero. Sforzati di vivere.
Salta il fosso da solo e fatti libero.
Attendo nuove. E’ questo che ti lascio.
Mercoledì 27 gennaio, ore 9.30 Palazzetto dello Sport, via Roma 32 "A Scuola di Memoria"
Saluto della Dirigente dell’Istituto Comprensivo prof.ssa Elisa Colella.
Esibizione
musicale e lettura a tema a cura dell'indirizzo musicale dell’Istituto
Comprensivo di Granarolo dell’Emilia. Intervento di Anna Rosa Nannetti,
autrice del libro “Bambini del 44. La vita dopo gli eccidi. Marzabotto
2008”, membro dell’associazione dei famigliari delle vittime degli
eccidi dei nazifascisti dei Comuni di Marzabotto, Grizzana, Monzuno e
territori limitrofi
Intervento di Amerigo Setti, fotografo e autore del libro “Pietre di Monte Sole - Emozioni fotografiche”
Iniziativa riservata all’Istituto Comprensivo In collaborazione con la parrocchia di San Michele Arcangelo di Quarto Inferiore.
Riflessioni inviate dagli studenti della 5B scuola elementare A. Frank di Granarolo dell'Emilia a commento dell'incontro avvenuto il 27 gennaio 2010 con Anna Rosa Nannetti che ha raccontato la vita dei "Bambini del '44"
"Ascoltando i racconti
ho capito che la
guerra non è un gioco, non è come
un videogame dove
muori e rivivi.
Nella guerra vera e propria
si muore e basta!
Penso ancora
alle persone morte
in battaglia,agli Ebrei
rastrellati.
I nazisti
sono stati cattivi,ma Hitler il più cattivo di tutti.
Ed è
stato lui a
farli morire
Gli Ebrei e tutte le altre persone non meritavano questa fine,nessun essere
vivente meritava tutto
ciò."I
"IL GIORNO DELLA MEMORIA
Questo giorno è chiamato “il
giorno della SHOAH”.
Shoah in lingua ebraica
significa “tempesta che tutto
distrugge”.
Noi oggi siamo tenuti a ricordare,perché ciò
che è accaduto non accada mai più.
Ora sto ricordando tutte le
povere , illuse, innocenti persone, inclusi bambini, che durante quel periodo
sono decedute.
Mi si spezza il cuore, non
potete immaginare le senzazioni che
provo: dolore, infinita tristezza, rabbia e un sacco di dispiacere.
Chiunque abbia inventato
quella trappola mortale è una sporca persona crudele.
La vita a quel tempo era
difficile, ogni speranza era persa.Non c’era
niente da fare: mi rattrista il cuore"
"Ieri quando mi hanno
raccontato la storia di queste persone innocenti , sono rimasto male.
Le S.S uccidevano queste
persone facendo fare loro le docce con il gas o facendoli lavorare , duramente.
Non so che cattiveria
avevano !
Io ero veramente triste nell’
ascoltare queste storie ."
"Dolore! Ecco cosa ho provato ieri 27 Gennaio.
Dolore nel sentire l’ingiustizia!
Dolore per la storia di quei bambini che la guerra l’ hanno vissuta !
Mi sentivo trafiggere il cuore.
Ho
provato ammirazione per chi non ha mai perso la speranza e disprezzo
per chi come Hitler e le S.S gioiva nel vedere la gente soffrire ed
esultava nell’ uccidere le persone.
Molto spesso volevo tapparmi
le orecchie e chiudere gli occhi ed immaginare dei bambini che
saltellavano felici in un prato verde.
Ma non potevo
perché non avrei potuto ascoltare quelle storie a non avrei
conosciuto tutto il dolore subito dalle persone.
Per questo non voglio dimenticare."
"Io
sono una bambina di dieci anni ed ora immagino i bambini di
settant’anni fa che, come me, volevano giocare e divertirsi ma venivano
torturati e alcuni uccisi dalla cattiveria della guerra.
È tutto buio , non c’è e non c’è mai stata un po’ di luce nella guerra e nemmeno nel cuore di chi la vuole fare.
Adulti,
bambini e anziani, uomini e donne innocenti uccisi e torturati per un
motivo che neanche c’è. Forse per divertimento o per potere, ma
comunque la mente di chi uccide è una mente crudele, disumana, neanche
gli animali si comportano così.
Io sono molto triste e stupita della cattiveria e malvagità di chi ama la guerra. "
"Per me questo giorno bisogna ricordarlo perché sono morte tante persone innocenti che non avevano colpe.
E’ triste anche sapere che li portavano in treni senza mangiare e bere per quattro o cinque giorni .
Sono morti anche bambini piccoli che non sapranno mai come sarebbero stati da grandi.
Noi ce lo ricorderemo per sempre. "
"Ieri era il giorno della memoria e la mia maestra ci ha raccontato di Anna Frank una ragazza di soli tredici anni.
E’ stata mandata nei campi di concentramento da Hittler solo perché era Ebrea.
Quando la maestra ha incominciato a raccontare io ho provato molta tristezza e paura.
Ma poi ho pensato chissà quanta tristezza e paura avranno
provato le persone nei campi di concentramento sapendo
di dover morire e di essere stati allontanati dalle proprie famiglie.
Perché succedono queste cose mi chiedo.
Perché alcuni umani sono cattivi col prossimo?
Solo perché sono diversi da loro?
Vorrei immaginare i bambini giocare in un bellissimo giardino e non lavorare in un campo di concentramento.
Questa cosa mi rattrista e vorrei che non succedesse mai più"
"E’
difficile scrivere dei pensieri sulla guerra , sulle stragi e sui campi
di concentramento perché sono avvenimenti brutti che non si riescono a
esprimere molto facilmente.
Io la prima volta che ho sentito questi racconti in televisione ho pensato fossero dei film, avvenimenti finti, ma mi sbagliavo.
Ieri era la giornata della memoria dove si ricordavano tutte le tragedie della guerra.
Penso
sia un giorno in cui tutti debbano pensare a queste stragi perché per
colpa dei tedeschi sono morte tantissime persone innocenti.
Quando
ascolto dei ragazzi che pensano di non dover morire perché giovani e
dicono :”Ma figurati se può succedere una cosa così brutta
proprio a me!”
Beh, per me anche molte delle persone che sono
morte durante la guerra avevano questi pensieri prima che i tedeschi li
catturassero.
Ora, comunque, ho capito che i testimoni di queste
brutte tragedie non vogliono parlarne tanto perché per loro deve essere
stata l’esperienza più brutta della loro vita .
Uno tra i
miei molti pensieri è che i tedeschi erano veramente perfidi . Non mi
riferisco ai soldati che non volevano uccidere , nè far la guerra, mi
riferisco alle S.S. che si divertivano proprio a fare del male, a
uccidere .
La vita Hitler da piccolo deve essere stata bruttissima se ha fatto queste cose .
Ieri
come dicevo prima, era la giornata della memoria e io e la mia classe
siamo andati al palazzotto di Granarolo a sentire una
testimonianza: quella della signora Anna Rosa Nannetti e a vedere
delle foto di campi di concentramento scattate da Amerigo Setti. Mentre
Annarosa raccontava io mi immaginavo le crudeltà, l’ambiente, i soldati
tedeschi …
Anche dei miei parenti sono stati uccisi in quella guerra.
Dopo tutti questi miei pensieri vi voglio dire solo poche parole:
noi dobbiamo ricordare tutti questi avvenimenti perché non accadano mai più."
"Ascoltando
i racconti di guerra posso solo provare tristezza per quelle persone
,tra cui anche bambini della nostra età, che venivano strappati dai
propri genitori, per poi essere uccisi.
Li ingannavano dicendo loro di andare a fare la doccia, ma quelle erano tutte menzogne.
Una scrittrice di nome Anna Rosa durante la guerra aveva solo 14 mesi.
Ascoltando
la storia di Anna Rosa dai miei occhi scendevano lacrime di tristezza
per tutte le persone morte e lacrime di gioia perché Anna Rosa è stata
fortunata, ce l’ ha fatta.
Grazie a lei oggi possiamo renderci
conto di quello che Hitler, le SS,hanno perpetrato nei confronti di
altri esseri umani e noi bambini, adulti del futuro non dobbiamo
dimenticare.
Grazie Anna Rosa"
"IL GIORNO DELLA MEMORIA
La guerra non serve a nulla perché muoiono tanti di innocenti.
Fare tante cose crudeli solo il potere è crudele .
Il dolore che provo sentendo le storie di quelle persone che hanno vissuto tutte queste cattiverie disumane è grande.
Mi viene da piangere.
Io spero con tutto il mio cuore che la guerra non si ripeta mai più."
"Per me bisogna ricordare questo giorno perché sono morte milioni e milioni di persone innocenti.
E’ triste pensare che un soldato fingeva di portare i bambini piccoli a fare la doccia, invece li accompagnava a morire gassati.
I bambini venivano separati dai genitori.
I più piccoli erano brutalmente uccisi e non sarebbero mai diventati grandi.
Nel sentire queste parole io provavo tristezza e dolore
Non riesco ad immaginare quanto dispiacere provavano queste persone.
E’ per questo che non bisogna dimenticarsi di questa tragedia in modo che non si ripeta più."
POESIA SCRITTA DALLA PROFESSORESSA PAOLA FIORAVANTI, DOPO LA VISITA A MONTESOLE E INCONTRO CON ALCUNI FAMILIARI COORDINATI DA ANNA ROSA NANNETTI IL 29 MARZO 2010.
Bambini
con la clava
Ci hanno insegnato che
Per sua stessa sussistenza,
la Verità
Deve essere una sola
né contraddirsi mai.
E il principio irriducibile
Della nostra identità
stia nel postulato
Per cui A non può essere
non-A
che
le aporie non si risolvono
a meno che non si levi
l’alfa;
e molto agiamo per
contrarietà,
opposizione di polarità.
le voci
Che giungono dai diversi
canti:
il vinto non sempre è la
vittima,
anche il forte talvolta
conosce l’umana
compassione.
Il
perdono appartiene ai pochi
Ma non tutti usano
vendetta.
Per
ogni azione ciascuno
Mette in gioco una
ragione:
e il suo racconto
muove ombre sulle nostre
verità.
Dunque, anche tu
sei tra quelli che
non ne vantano una adamantina,
quando il dolore più
giusto
piano si incrina;
qual è la verità che ti
hanno raccontato?
A quale ti sei
doverosamente consacrato?
Ora sta a te, uomo e non
bambino:
cercare la tua in mezzo a
tutti gli altri
aprire strade nuove
dissotterrare i morti
dare alla vita i vivi,
dare aria ai vagiti ed
asciugare i pianti.
Ora sta a te deporre la
clava
E soppesare ogni scelta
altrui
Ogni sinistra ragione.
Sta a te la profana
ammissione
Che la verità non è mai
una
La verità non viaggia mai
da sola
Né siede in prima classe.
Molte volte non ha neanche
il titolo di viaggio
E si nasconde nei wc per sfuggire il
controllore.
Sta a te guardarla,
e sai bene che TUTT’ altro
è giudicarla.